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E la luna…
E la luna un pó matta ha rubato una stella…L’ha sottratta al cielo per donarla a me..
L’ho nascosta tra i capelli…per illuminare i miei giorni e per scrivere di notte le mie poesie…
Io e la luna siamo come gli artisti: un pó folli, poeti per caso…
ci spettiniamo l’anima ridendo,
ci impigliamo tra le crepe del cuore,
ci emozioniamo…
danziamo nella notte,
ci libriamo tra le stelle…
MT@
Oriana e Alekos: un amore senza tempo
Oriana Fallaci, definita la donna d’acciaio scriveva con una penna di burro e miele del suo “uomo” che per lei non è stato solo amante, ma soprattutto l’amore. Le parole di Oriana sono parole gentili, di una dolcezza singolare. Quando chiedevano a lei, sua compagna di vita, che uomo fosse davvero Panagulis, Oriana rispondeva che lui non un eroe, non un politico, o meglio, non solo questo. «Mi sembra di limitarlo – diceva – Alekos era soprattutto un poeta, un artista. Il suo eroismo era la conseguenza della sua poesia e la sua politica era la traduzione della sua arte». Panagulis Alekos le dedicò una poesia, “Viaggio”, la sua preferita, non perché parlasse d’amore, ma perché parlava di sé: se il viaggio rappresenta la vita, la nave è l’uomo che la vive, una nave senza rotta, che insegue un sogno, un ideale. Alekos fu una nave che non getta l’ancora, un Ulisse che non aveva una Penelope da cui tornare, ma un’Oriana con cui viaggiare.
VIAGGIO
Alla mia amata Oriana Fallaci
Viaggio per inesplorate acque su una nave
che, come milioni di altre simili, peregrina
per oceani e mari
su rotte regolari
E altre ancora
(molte, davvero molte anche queste)
gettano l’ancora nei porti.
Per anni ho caricato questa nave
Con tutto quello che mi davano
e che prendevo con enorme gioia
E poi
(lo ricordo come fosse oggi)
la dipingevo a tinte sgargianti
e stavo attento
che non si macchiasse in nessun punto
La volevo bella per il mio viaggio
E dopo avere atteso tanto -proprio tanto
Giunse alla fine il momento di salpare
E salpai…
(Nave io e capitano
ed equipaggio per trovarti
fammi a pezzi
ma non farmi sanguinare il corpo)
Quando mi trovai in mare aperto
onde immense mi travolsero
e mi straziarono per rivelarmi
amare verità che ignoravo
Verità che dovevo imparare
Nell’abbraccio dell’oceano
con un lungo furente fragore
la solitudine
divenne per me faro del pensiero
indicando strade nuove
Il tempo passava e io
iniziavo a tracciare la rotta
ma non come mi avevano insegnato al porto
(anche se la mia nave mi sembrava diversa allora)
Così il mio viaggio
ora lo vedevo diverso
senza più pensare a porti e commerci
Il carico mi appariva ormai superfluo
Ma continuavo a viaggiare
conoscendo il valore della nave
conoscendo il valore della merce
E continuo ancora il viaggio
che scricchiolino incessantemente le giunzioni
sperando che non si spezzino
perché sono legni marci da anni
(secoli dovrei dire)
verniciati di recente ma senza
una forza nuova che li tenga uniti
la rotta sempre contro il tempo
nella stiva solo zavorra
Zavorra che mi dissero
merce preziosa, come quella
che di solito si compra nei porti
Ma se dicessi che mi hanno ingannato
non sarei onesto
osservo la bussola
senza sosta
con accanto la mappa
su cui studio la rotta
lontano dai porti che segnalano il passaggio
Quando poi succede che splendano
(che istanti difficili!)
all’orizzonte i porti della terra
l’equipaggio guarda le luci
(luci sirene
che promettono molto
che anche il cuore e la carne pretendono)
sempre aspettando che dica
al timoniere di far virare la nave
E attraccare almeno un poco
Mentre l’ora trascorre e io
osservo silenzioso la carta
tutt’intorno cresce il tumulto
Proposte subdole
vestite con idee
idee vendute che vogliono sempre
aornare l’inazione con le parole
e minacce
che vogliono passare per consigli
e promesse
che tentano la bestia e la risvegliano…
Quelle sono ore difficili
Perché da ognuna di loro
Dipende l’intero viaggio
E continuo ancora il viaggio
Desideri radicati nell’anima
sono diventati bussola per la mia nave
la mia mappa
altrettanto misteriosa
Ci sono ore in cui credo
che sia stata fatta
per chi non voglia approdare in nessun porto
e altre ore in cui confido
che il viaggio avvenga perché
su questa carta bisogna trovare
qualche cosa che manca
Così vado alla ricerca
guardando la mappa la bussola il cielo
in cielo, rintracciare segnali
nuove prove che dimostrino
che la bussola non sbaglia nel segnare
Non stupirti, questo non significa
che io abbia dei dubbi sulla mia bussola
E’ solo un’abitudine- una vecchia abitudine
che per secoli accompagnava l’anima
questa compagna
preziosa per i tempi bui
quando c’erano soltanto i semi nell’anima
degli amori che ora sono fioriti
E vado alla ricerca
Guardando la mappa la bussola il cielo
Le onde immense sembra che cerchino
di fare il gioco di chi vuole
che attracchi da qualche parte per un po’
E’ ognuna
di quelle onde un Golgota
e pensa
che la tempesta imperversa ininterrotta
Ma mentre aumenta
temo sempre più
che la spaventosa furia del mare
mi conduca ad avvistare
porti là sulla costa
porti che la mia mappa non indica
Sono ostacoli e momenti difficili
l’abbiamo detto
l’equipaggio comincerà a ribollire
quando quei porti appariranno sulla costa
E continuo il viaggio
alla ricerca ancora
pur sapendo di essere
nell’infinito del tempo un istante
nell’abisso dello spazio un puntino
E continuo il viaggio
anche se sono tenebra
e tutto attorno a me è tenebra
e la tempesta lo rende più spaventoso
E continuo il viaggio
e mi basta
che io tenebra
abbia amato la luce
Recensione di Gianni Iurato a L’URLO DEL DANUBIO
*** L’URLO DEL DANUBIO ***
(Viaggio dell’anima sui binari della memoria)
È il nuovo libro di Marinella Tumino la quale immagina di viaggiare su un treno per ripercorrere i così detti “Luoghi della Memoria” dove l’uomo durante la Seconda Guerra Mondiale diede il peggio di se!
In effetti Lei questo viaggio l’ha fatto veramente qualche anno addietro con i suoi alunni ma…… oggi ripercorre quello stesso viaggio nell’intimo della sua Anima per mantenere vive le emozioni, le lacrime che quella esperienza ha segnato nel profondo.
Marinella in realtà non “viaggia su un treno immaginario” …… ma percorre kilometri di binari con ai piedi un paio di zoccoli di legno, simili a quelli indossati dai Deportati nei Campi di Sterminio; trascina a fatica il suo corpo in quella ghiaia che si bagnò di sangue…. in quelle baracche che ospitarono pianti….. in quei forni che violentarono l’aria ed il respiro con “l’odore” della carne…..!
Marinella più trascina i suoi i zoccoli di legno e più quel rumore monotono ma cadenzato le risveglia l’anima….. e con essa i ricordi…. e con i ricordi le lacrime.
In effetti l’autrice da quei posti, da quel viaggio non è mai ritornata….. !
La lettura de L’urlo del Danubio ti regalerà:
* “malinconia senza tempo”
* “lacrime intrise di angoscia”
* “Sibilo nelle stanze del cuore”.
Leggendo il libro farai esperienza diretta di quello che per anni hai tentato di immaginare attraverso la TV.
In fondo il libro è quel treno che non abbiamo mai preso , è quel paio di zoccoli che non abbiamo mai indossato…… nell’attesa del nostro pellegrinaggio in quei luoghi dove il Danubio ha Urlato …. inascoltato.
Brava Marinella.
Complimenti.
Gianni Iurato
Foto copyright Gianni Iurato
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Da OPERAINCERTAEDITORE:
Le recensioni positive al libro di Marinella Tumino, “L’urlo del Danubio”, continuano e oggi sul quotidiano LA SICILIA leggiamo quella scritta dal giornalista Giuseppe Nativo. Il libro è acquistabile on line e dopo la lettura attendiamo anche la vostra testimonianza. Scattate una foto con il libro appena letto e scrivete le vostre emozioni, inviatele qui. Sarà meraviglioso condividerle!