Nuova recensione a L’URLO DEL DANUBIO

Alcune settimane fa ho assistito, con piacere e con molto interesse, alla presentazione dell’ultima fatica letteraria della cara amica Marinella Tumino. Personalità poliedrica e sensibile, scrittrice iblea e prof, Marinella Tumino parla e sta insieme ai suoi studenti come se fosse la loro mamma. Il suo compito, oltre che formativo, è anche quello di guidare i suoi ragazzi al fine di creare tutti i presupposti perché essi possano diventare adulti consapevoli, responsabili e attivi nella società civile. L’esperienza sia in campo educativo sia in quello letterario ha portato Marinella Tumino al raggiungimento di meritati risultati. Noi lettori siamo adesso chiamati a dare un ulteriore impulso al suo impegno. E’ per questo motivo che, nel mio piccolo, ho contributo a diffondere la tematica da lei affrontata pubblicando una mia modesta recensione oggi pubblicata sulle pagine culturali regionali del quotidiano “La Sicilia” (ven. 02.03.2018, p.16).
Giuseppe Nativo

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UNA SCRITTURA AL FEMMINILE

Essere femminista per Virginia Wolf non significa solo impegno militante a favore delle donne tramite conferenze e lezioni, ma anche e soprattutto la ricerca di una scrittura e di uno stile “femminili”.

Adeline Virginia Wolf nasce a Londra il 25 gennaio 1882 da un noto storico e critico e da una donna bellissima, tutta dedita alla famiglia.

Ben presto, Virginia si rende conto che l’ingegno delle donne conta ben poco nella società, infatti a quel tempo, le ragazze non erano ammesse all’Università, né tanto meno potevano partecipare alle carriere pubbliche.
Nel 1904 nella vita della scrittrice avviene un profondo cambiamento: il trasloco del fratello dalla casa paterna rappresenta una vera e propria rottura col mondo del padre e con l’autoritarismo e la conquista di una propria autonomia. Così, Virginia organizza con il fratello e gli amici dell’Università i cosiddetti “giovedì sera di Bloomsbury” in cui si discute di arte e letteratura. A questi incontri partecipano pure critici letterari, filosofi, pittori, scrittori.
Contro la figura del “patriarca conformista” essi propongono quella di un individuo colto, sensibile, sincero e soprattutto libero da ogni forma di pregiudizio e ipocrisia.
In questo fervore intellettuale, Virginia, che è già molto attiva in qualità di critico letterario, comincia a realizzare il suo primo romanzo, “ La Crociera ” (“The voyage out”).
La condizione femminile è oggetto di lezioni e conferenze svolte per associazioni femministe e gli elementi caratterizzanti sono presenti in due saggi della scrittrice: “Una stanza tutta per sé”(1929) e “Le tre ghinee” (1938). Il primo è un testo sul rapporto tra donne e narrativa e qui viene tracciata una sorta di percorso su tutti i divieti che le donne hanno dovuto subire in famiglia, nel mondo del lavoro, nella società in genere; divieti che non hanno loro permesso di accedere alla cultura, alla carriera letteraria, alle professioni.
Per la Woolf , la mente femminile è fertile, è ricca di intuizione e di immaginazione, diversamente dell’uomo che procede con la sua arida razionalità.
L’emancipazione femminile è, invece, il tema affrontato nel secondo saggio.
La sensibilità e l’intelligenza femminili sono diverse da quelle maschili.
La donna è in grado di cogliere la verità non della ragione, tipica del modo di essere maschile, quanto quella dell’immaginazione che è specifica della sfera femminile. Rispetto all’uomo, la donna è in grado di cogliere la semplicità delle cose e ciò consente di avere una visione più profonda ed immediata del senso della vita. E qui il messaggio è: non bisogna imitare gli uomini, ma rimanere se stesse”.

“ E’ vero ancor oggi, però, che prima che una donna possa scrivere esattamente come intende scrivere, deve affrontare molte difficoltà…….
Dunque, se è lecito fare profezie, le donne in tempi a venire scriveranno meno romanzi, ma romanzi più belli; e non romanzi soltanto, bensì poesia e critica e storia. Ma certo stiamo guardando lontano, a quell’età dell’oro, quell’età forse mitica, in cui le donne avranno quello che tanto a lungo è stato loro negato: tempo e denaro, e una stanza tutta per sé.”
V.Woolf. Le donne e la scrittura , trad. di A. Bottini, La Tartaruga

Marinella Tumino

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Il campo di concentramento, una scuola di santità di Giovanni Paolo II

Karol Józef Wojtyła nacque a Wadowice in Polonia, nel maggio del 1920, ed è morto nella Città del Vaticano il 2 aprile 2005. Conosciuto con il nome di Giovanni Paolo II è stato il 264° papa della Chiesa cattolica. Eletto al soglio pontificio il 16 ottobre 1978, Papa Wojtyla è stato il primo pontefice non italiano dopo 455 anni ed è stato, inoltre, il primo pontefice polacco, e slavo in genere, della storia . Fu arcivescovo di Cracovia e anche di Auschwitz ma si può dire che lui concepiva il suo sacerdozio come la soluzione a tutto ciò che era accaduto durante la seconda guerra mondiale, alle spropositate sofferenze che altri avevano vissuto anche al posto suo. È proprio durante la guerra che Karol decide di abbracciare il sacerdozio ed entra in seminario. Per lui quella di Auschwitz non era una tragedia irreale, piuttosto,era parte della sua vita in quanto, fin dall’infanzia, aveva diversi amici ebrei.
Padre Manfred Deselaers, responsabile del programma del “Centro di dialogo e preghiera” di Oświęcim (Auschwitz), fondato nel 1992, nei pressi del campo di concentramento di Auschwitz – Birkenau per volere del cardinale Franciszek Macharski, d’accordo con i vescovi di tutta Europa e i rappresentanti delle associazioni ebraiche, dice con convinzione: “Auschwitz è stata la scuola di santità di Giovanni Paolo II: sono convinto che Wojtyla abbia capito in questo luogo la verità sull’uomo perché le domande che ognuno si pone qui sono quelle fondamentali, sul senso globale della vita” e aggiunge : “In Polonia c’è la profonda convinzione che il sangue dei morti parli: bisogna mettersi in ascolto della voce della terra di Auschwitz e avere il tempo per riflettere sulla domanda “cosa significa tutto questo per me?”. E la risposta è diversa “se si è polacchi o italiani, ebrei o cattolici o sacerdoti e tedeschi come me”. “Il reciproco rispetto per le diverse sensibilità è la prima risposta al campo di concentramento dove c’era l’assoluta negazione dell’altro”. Innumerevoli scolaresche passano attraverso i cancelli di ingresso di Auschwitz, quelli noti per la scritta in ferro segnata in maniera incancellabile nella memoria collettiva “Arbeit macht frei (il lavoro rende liberi)”.Da lì si addentrano nei viali tra i blocchi di mattoni rossi, in silenzio; molti sono colpiti emotivamente e con gli occhi rossi, davanti alle memorie di oltre un milione e mezzo di uomini, donne e bambini che qui crudelmente hanno perso la vita. Birkenau mette in evidenza la sistematicità della volontà di sterminio, rappresentata da serie ordinate di baracche, doppie linee di filo spinato a separare i fossati scavati dagli stessi prigionieri. Solo i forni crematori sono crollati uno sull’altro come un castello di carte perché fatti saltare in aria dai nazisti prima di abbandonare il campo nel tentativo di nascondere i propri crimini .Tutto questo fa ricordare un orrore che la mente umana fatica ad accettare. Come hanno potuto delle persone fare questo a dei propri simili? “Molti chiedono – espone Deselaers -: dov’era Dio?” che è “lo stesso interrogativo che poneva il premio Nobel per la pace Elie Wiesel quando dichiarava: “Prima che Dio mi chieda ‘dove sei stato?’, io chiedo a lui ‘dove sei stato tu quando qui venivano ammazzati mio fratello, mia sorella, la mia nazione?”. Sempre secondo Padre Manfred, “lo strenuo impegno di Karol a favore della dignità e dei diritti dell’uomo, la ricerca del dialogo tra cristiani ed ebrei, l’incontro di Assisi tra i responsabili delle religioni perché tutti cooperassero per la civiltà dell’amore, le radici della sua tensione per l’unità del genere umano: tutto nasce dall’esperienza di Auschwitz”. “Nel 1965, quando Woijtila era giovane vescovo , andò ad Oświęcim per la festa di Ognissanti. Nell’omelia spiegò le motivazioni secondo le quali era possibile guardare a questo luogo con gli occhi della fede. Difatti disse: “Se Auschwitz è il luogo che ci fa vedere fino a che punto l’uomo può essere o diventare cattivo, tuttavia non si può rimanere schiacciati da questa terribile impressione e bisogna guardare ai segni della fede, come Massimiliano Kolbe”. È lui che ci ha mostrato come “Auschwitz metti in evidenza anche tutta la grandezza dell’uomo, tutto ciò che l’uomo può essere, vincendo la morte in nome dell’amore così come ha fatto Cristo”, quando venne qui da Papa per la prima volta, asserì che la vittoria dell’amore sulla cattiveria e sull’odio non appartengono solo ai credenti e che ogni vittoria dell’umanità su un sistema anti-umano deve essere un segnale per noi”. Sicuramente Wojtyla ha voluto dire che se l’Europa vuole svolgere un ruolo di rilevante importanza nell’era moderna non può certo scordare Auschwitz. Auschwitz è stata la scuola che ha foggiato la santità di Giovanni Paolo II, quella prontamente riconosciuta dalla gente: “Perché qui – conclude Deselaers – Wojtyla ha compreso fino in fondo cosa significa la fede per l’uomo d’oggi. La gente di tutto il mondo lo comprendeva perché lui comprendeva loro”.
Marinella Tumino

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Dal Vaticano al Quirinale…

Ed ecco altra emozione: dal Vaticano al Quirinale…Il presidente Mattarella risponde scrivendo di suo pugno…
Gentile Professoressa,
la ringrazio molto per “L’urlo del Danubio”, nonché per la passione e l’impegno.
Con tanta cordialit
S.Mattarella”

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Recensione del prof. Salonia Giuseppe a L’URLO DEL DANUBIO

Il libro di Marinella Tumino e’ uno scrigno di notizie e di informazioni, frutto di un lavoro di ricerca e di consultazione di documenti, di scritti, di libri, ma anche frutto di viaggi appositamente programmati e di visite effettuate insieme ai suoi alunni. E non mancano le interviste a persone che hanno avuto la fortuna di sopravvivere e che oggi ad una venerabile età sono in grado di dare testimonianza. ” L’urlo del Danubio” va letto con attenzione. Potrebbe anche definirsi una “guida turistica”, una guida, certo, molto soft. Così Monaco di Baviera viene descritta nei suoi monumenti e nei suoi luoghi suggestivi con il centro storico, la piazza centrale, la cattedrale di Nostra Signora. Trieste con le sue viuzze, gli angoli nascosti, i sontuosi palazzi, Piazza Unità d’Italia. Cracovia con la Piazza del Mercato, la chiesa romanica di sant’Andrea…Ma da questi piacevoli luoghi si passa quasi senza accorgersene ai ghetti, ai campi di prigionia e di concentramento, ai campi di sterminio. E la descrizione diventa un tutt’uno con la riflessione, con il senso di angoscia, di tristezza e di orrore che nasce nell’animo della scrittrice e che poi passa inevitabilmente nel lettore. Il libro è poi un testo di consultazione, un testo necessario per chi intende fare ulteriori ricerche. Ci si chiede:”Quando e dove ebbe inizio ” L’orrore”? Ecco la risposta: Il 22 marzo del 1933 a Dachau che si trova a pochi chilometri da Monaco ed è facilmente raggiungibile in metropolitana. Vi fu realizzato il primo campo di concentramento in cui vennero raccolti comunisti, prigionieri politici, russi, ebrei, testimoni di Geova, omosessuali, zingari…Chi andando ad Amsterdam si chiedesse dove poter trovare ” l’alloggio segreto” di Anna Frank avrà la risposta nel secondo capitolo: Prinsengracht n.263. E ancora…Quale fu il ruolo di Kappler nella città di Roma? E’ possibile, visitando Ferrara, imbattersi nei Giardini dei Finzi Contini? Il libro, insomma, suscita interesse presso gli studenti e presso i docenti, presso gli anziani e presso i giovani ai quali è rivolto in particolare il messaggio: Prendere coscienza della follia di determinati uomini in un determinato momento storico, e avere ancora speranza nella bontà del genere umano. Non ci troviamo davanti ad un romanzo, ma, per la materia che tratta, il libro, oltre che interessante, e’ avvincente e ogni capitolo o ” Binario” si legge tutto d’un fiato. Questo anche per la forma, per l’espressione che e’ preziosa nell’informazione, ma non pedante. E lo stile e’ semplice, ma non semplicistico e scaturisce dalla sua ricchezza e dalla sua cultura; ogni verbo, ogni aggettivo, ogni sostantivo esce con facilità dalla “penna” della scrittrice, ma è stato studiato e selezionato inconsapevolmente nel suo pensiero e nel suo animo. ” L’urlo del Danubio” non deve, pertanto, mancare nelle piccole librerie di casa nostra, non deve mancare nelle Biblioteche degli Istituti Scolastici, e dovrebbe trovare posto anche nelle Biblioteche Civiche. – Leggere, scrivere, elaborare progetti, fare cultura deve essere obiettivo dei giovani per combattere la follia e la violenza. “Scrivere per non dimenticare…non smettere di parlarne…costruiamo un futuro che abbia funzione depositaria di valori”, come scrive Marinella Tumino nel Commiato.

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