Sono “Trame d’inchiostro” lasciate su un album fotografico i racconti che l’autrice Marinella Tumino raccoglie in questo lavoro. “Racconti ed oltre” è il sottotitolo poiché anche le poesie fanno parte dell’album dei ricordi, quello che l’autrice continua ad aprire e chiudere per scegliere una foto da raccontare o a cui dedicare un’ode che viaggia anch’essa sull’onda di quell’’attimo immortalato da un flash. Vari i filoni che possono essere esplorati nell’analisi dei temi trattati: l’amore, l’immigrazione e la clandestinità, la guerra e la povertà, il dolore e le emozioni, quelle forti di una madre o quelle vissute dagli amanti. Portano la firma del ricordo, come quello che fai affiorare sfogliando un vecchio album di fotografie. Una sola costante con varie sfaccettature: la donna (….)
Tratto da PREFAZIONE a #TrameDinchiostro a cura di Giovannella Galliano
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Maria Rita
Il volume TRAME D’INCHIOSTRO è una raccolta sia di racconti (14) sia di opere in versi (15); in realtà il sottotitolo RACCONTI E OLTRE la dice lunga su un fatto particolare, non è solo la suddivisione fra narrativa e lirica ma cela molto di più: infatti è proprio all’interno della narrativa che Marinella, non dovendo più, nel nuovo Millennio, sottostare necessariamente alle regole stringali dei generi letterari, può consentire a se stessa di essere liricheggiante nella maniera di esprimersi persino nel tradizionale racconto che invece dovrebbe essere più precisamente prosa e la manifestazione chiarala ritroviamo, per esempio, in “I LUOGHI DELL’ANIMA” : “Ritornò nel luogo ameno, prezioso al suo cuore. Un angolo deserto, eremo in una baia.
Si sedette sulla battigia ad ascoltare il mormorio costante delle onde e ad ammirare l’immensità del mare in cui amava smarrirsi. Appoggiò la mano sulla sabbia, percependola calda, morbida e asciutta.
Tolse le scarpe perché anche i piedi nudi potessero affondare in quella polvere magica.
In quei giorni i ricordi l’avevano sommersa, straripata di nostalgiche emozioni e l’avevano ricondotta indietro nel tempo.
Rievocava attimi di vita che sembravano avessero cambiato il senso stesso dell’esistenza, della sua esistenza.
Solo di recente, si era resa conto che ritornare in quei posti le avrebbe fatto bene e che il mare l’avrebbe aiutata a sostenere il peso di ogni mancanza, di ogni vuoto.
Iniziò a passeggiare, ascoltando il mormorio continuo delle onde; le sue caviglie si facevano carezzare dalle delicate acque dove la spuma bianca delle onde faceva da orlo, mentre esse correvano veloci, l’una dietro l’altra, verso la battigia.
Alcune creavano un composto caos, quasi bramanti di imbattersi nel loro destino, seppur coscienti della loro fine; altre, irruenti, si abbattevano sugli scogli, schizzando freddi lapilli ammattiti. Onde infrante e immemori.
(…) A lei bastava vivere l’armonia dei mattini appena germinati, camminando a piedi scalzi lungo l’arenile umido, per godere la magia dell’acqua silente che, con impetuosità, muore distesa sopra i granelli umidi di sabbia o, ancora, quell’onda che si agita audacemente al di là dell’aspra roccia.
A lei bastava accertarsi che il tutto potesse ritornare ad essere sempre mare, ad essere comunque oceano…
Con questo andamento liricheggiante, il racconto non ha bisogno di personaggi che devono necessariamente interagire fra loro in uno spazio e in un ambiente ben preciso e questo racconto in particolare è fatto di una serie di impressioni normalmente affidati alla lirica.
Giovannella Galliano, che ha curato la prefazione del testo, dice “Sono “Trame d’inchiostro” lasciate su un album fotografico i racconti che l’autrice Marinella Tumino raccoglie in questo lavoro. “Racconti ed oltre” è il sottotitolo poiché anche le fanno parte dell’album dei ricordi, quello che l’autrice continua ad aprire e chiudere per scegliere una foto da raccontare o a cui dedicare un’ode che viaggia anch’essa sull’onda di quell’’attimo immortalato da un flash. Vari i filoni che possono essere esplorati nell’analisi dei temi trattati: l’amore, l’immigrazione e la clandestinità, la guerra e la povertà, il dolore e le emozioni, quelle forti di una madre o quelle vissute dagli amanti. Portano la firma del ricordo, come quello che fai affiorare sfogliando un vecchio album di fotografie. Una sola costante con varie sfaccettature: la donna”
Giovannella ha saputo cogliere a pieno l’essenza di questi racconti dove la figura femminile è quasi sempre protagonista, è la voce narrante attraverso cui la realtà viene filtrata.
C’è proprio un racconto di Marinella che è l’emblema di questa maniera di ritrovare oggetti e ricordi ed è LA SOFFITTA INCANTATA, la soffitta quale luogo del nostro immaginario collettivo dove riponiamo tutto ciò che apparentemente non ci serve ma dal quale non riusciamo a separarci mai e quando ci rientriamo è come fare un viaggio a ritroso nel tempo e, appunto ritroviamo gli odori, i profumi che ci ha reso quello siamo… “Marta tratteneva il respiro. Cercava le ultime parole per concludere quel periodo sintattico a cui apporre la parola FINE.
Faticava. Era impaziente.
Ma eccole le parole tanto attese e agognate: “…chiuse gli occhi e si lasciò trasportare verso dimensioni infinite. FINE. ”.
Finalmente! Era da parecchi minuti, forse ore, che cercava ma non trovava. Non era facile scrivere, né tantomeno esprimersi, ma le piaceva così tanto…
Ora non le rimaneva che aggiungere quest’ultima frase al suo scritto.
Da quando era in vacanza si sentiva più serena, ma soprattutto molto ispirata.
In quei giorni coccolata, riverita, servita dalla sua mamma, aveva dato forma ai suoi pensieri e alle sue emozioni.
Decise di concedersi una pausa…se la meritava tutta!
Aveva trascorso, del resto, tante ore davanti all’I-Pad ed ora voleva riposare gli occhi, la mente ed il cuore.
Chiuse le palpebre, un po’ come la sua protagonista, e cominciò a farsi trasportare dalla fantasia….”
Nei racconti di Marinella la Sicilia la fa da padrona, la fa da padrona con i suoi paesaggi, con il suo mare, le sue colline, le campagne del ragusano, i muri a secco. La fa da padrona anche con il suo clima, un clima che non conosce mezze misure: o troppo rigido o troppo afoso soprattutto quando soffia quel vento caldo, quel vento caldo di passione che è lo Scirocco: “ Matri mia chi cauru ca fa! |”
“Cauru! Cauru forti ! Sciroccu è !”
“A maggio tuttu ‘stu cauru mi fa nesciri pazza ”
Da noi, in casa si sta bene…si respira- diceva Assuntina, fiera di prestare servizio in una casa signorile molto grande e ariosa- ma la Signora dice che, se continua quest’afa, ci trasferiamo nella tenuta in campagna, a Bruscè.”
“Certo, Assuntina! Il Palazzo Boscarino è una reggia con le grandissime stanze e le volte alte…altro che respirare”.
“Ma anche la tenuta dei signori in campagna è bella arieggiata. E’ in una zona ventosa e di sicuro anche lì si sta bene. Beate te, Assuntina” – continuavano i commenti corali.
Palazzo Boscarino era un edificio di epoca tardobarocca fatto costruire dai Baroni, subito dopo il terremoto del 1693 che aveva mietuto più di 60mila vittime in tutta la Sicilia Orientale. Nel corso dei secoli era stato ereditato di padre in figlio.
In un arazzo, appeso al muro sopra lo scrittoio della stanza del professore Raffaele Boscarino, in memoria di quel disastroso evento, si leggeva ancora «All’unnici di Jinnaru a vintu’ura, fu pi tuttu lu munnu ‘na ruìna: piccini e ranni sutta li timpuna diciènu – Aiutu! – e nuddu ci ni rava. Si n’era pi Maria, nostra Signura, tutti forimu muorti all’ura r’ora; all’ura r’ora ciancieriemmu forti se Maria nun facìa li nuostri parti.».
Concetta, moglie di Raffaele, era uscita di casa, anche lei presto, per andare in chiesa e confessarsi con Don Salvatore. Andava tutte le mattine ad assistere alla Santa Messa e tutti i santi giorni si confessava, anche se Don Salvatore la rassicurava dicendole che non doveva temere nulla finchè non commetteva peccati gravi e che magari non occorreva confessarsi tutti i giorni, purchè non smettesse mai di avere il timore di Dio. E Concetta non cessava mai di avere quel timore di Dio.
“Lo Scirocco e l’afa mi fanno stare male, Raffaè !- espresse il suo malessere Concetta rientrata accaldata in casa- Ma dove stai andando tutto bello ‘mpillicchiato ? Non è il tuo giorno libero?”
“Concetta, ne avremo per qualche giorno ancora di questo caldo, così dicono gli esperti…santa pazienza! -provò a rassicurarla- Sto andando al Comune e poi al catasto per i documenti che mi chiedeva il ragioniere Ottaviano. Comunque- aggiunse con voce sensuale- per me sei sempre bella. Questo vestitino a fiori ti sta una delizia.”- lo sguardo andava oltre il vestito, varcando le profondità del corpo.”
Le comari del paesino, di prima mattina, mentre andavano al mercato per fare la spesa, facevano commenti sulle temperature troppo elevate, giunte all’improvviso, già ai primi di maggio.
Come vedete la nostra Sicilia declinata sia da un punto di vista dei colori, dei profumi ma anche dei cibi che una volta venivano preparati con mani accurate in casa, Sicilia che Marinella racconta in modo sapiente
E proprio dopo aver letto i racconti di Marinella Tumino che con una certa eleganza di linguaggio e con una certa piacevolezza invita a leggere, occorre ricordare ciò che ha scritto Giorgio Manganelli a proposito del perché leggere: Il libro è una lettera che non ha busta, né indirizzo. Riguarda la vita di tutti noi, di ciascuno di noi. E’ nostra, ma anche di persone che non sono più, o non sono ancora. Nulla più di un libro ci fa consapevoli di appartenere ad una comune umanità, illuminata e tormentata dalle medesime speranze e angosce. Il libro non sa dove va, chi incontrerà, come sarà accolto; esso viaggia in mezzo a noi, come un meraviglioso enigma. Non tutti i libri hanno la stessa vitalità. Molti, la grande maggioranza, si estinguono; ma quei pochi che sopravvivono sembrano eterni. Essi sono totalmente umani, e che siano vecchi di una sola, o di trenta generazioni, pare non avere alcuna importanza. Leggiamo Omero, leggiamo Leopardi. Tra mille anni, se vi saranno uomini, leggeranno Omero e Leopardi (…). Il libro entra nella nostra vita con una forza terribile: e non è un caso che quelle parole siano state così spesso, siano tuttora perseguitate, trattate con diffidenza, con astio, con ira, giacché esse parlano a tutto ciò che è umano, o debbono tacere(…)
GRAZIE Maria Rita