Francoforte, Natale 1946
Con delicatezza tentò di spannare i vetri. Fuori il severo inverno regalava i primi fiocchi di neve che scendevano soffici e silenziosi baciando ogni cosa: pareva accompagnassero le nenie di Natale. Il bellissimo orologio a pendolo a colonna di fine Ottocento, col suo piacevole tocco, segnò le 18, mentre sul fuoco il bollitore fischiò.
Brigitte sussultò. Era sovrappensiero, incantata da quella coltre bianca che ammantava il paesaggio. Immersa nella sua solitudine, lo sguardo riflesso nei vetri le sussurrava i ricordi dei Natali della sua infanzia, quando ancora la guerra era lontana, e con i suoi fratelli si rifugiava in soffitta a giocare. Tra un’impresa e l’altra guardava fuori dall’abbaino, seguendo i singoli fiocchi di neve che volavano come farfalle leggere, nascondendo i difetti della terra e, di certo, anche quelli degli uomini…
Quel pomeriggio, la sorprendente notizia di Anton l’aveva piacevolmente sconvolta. Dalla fine della guerra era stato dato per disperso…Ma ora stringeva tra le mani la lettera su cui tracce di inchiostro accurate come meticolosa e precisa era la grafia del fratello, le annunciavano la lieta novella. Fino a quell’istante aveva pensato che la guerra avesse portato via anche lui, così come il resto della famiglia e invece… era sano e salvo!
La guerra, la guerra assurda e dannosa era finita da poco più di un anno. Tutto distrutto, perso…ovunque solo disastro, macerie e morte. La mostruosa macchina bellica aveva travolto milioni di uomini, donne e bambini, combattenti e non combattenti. La città era stata rasa al suolo dai bombardamenti del ’44. La loro casa, come poche altre del centro città, era stata graziata…qualche piccola lesione, null’altro!
Da pochi mesi lei aveva ricominciato a insegnare nella scuola pubblica, ma l’indomani sarebbero iniziate le vacanze di Natale e Anton sarebbe tornato a casa, anche se, da quanto le aveva scritto, faticava a muoversi perché aveva perso un piede saltato con una mina e solo grazie alle stampelle riusciva a spostarsi. Non vedeva l’ora di accoglierlo e avvolgerlo in un abbraccio. Adesso non era più sola.
Faceva particolarmente freddo, la stufa in ghisa nel salone non riusciva a scaldare l’ambiente…aveva freddo dentro Amie! Sfogliava le pagine del libro che teneva sulle gambe…Catullo e Saffo le tenevano compagnia ma tutto era un grigiore.
Spifferi della finestra le rammentarono con nostalgia la preparazione in famiglia dei dolci tipici di Natale, il bell’albero grande, Weihnachtsbaum, che ogni dicembre tutti insieme decoravano con cura,e poi, senza perdere tempo, intonavano canti natalizi come Stille Nacht, heilige nacht.
Papà seduto nella grande poltrona li applaudiva contento e mamma che lavorava a maglia sorrideva felice. Poi andavano a Romemberg nella grande piazza del centro di Francoforte e lì passeggiavano tra i mercatini per scegliere i doni da mettere sotto l’albero e che poi tutti insieme avrebbero scartato la notte santa.
Adesso Romenberg non esisteva più così come non esistevano i mercatini, vie e piazze importanti della città…
Guardò ancora una volta fuori dalla finestra. Buio pesto. Sarebbe andata a letto subito dopo cena. L’indomani mattina avrebbe dovuto svegliarsi all’alba, preparare sporte di spesa per i bambini orfani di guerra e ospiti in una piccola casa di accoglienza. Era lì che in quei mesi spendeva il suo tempo libero. Era lì che l’indomani davanti all’albero che aveva addobbato con i piccoli vicino al caminetto avrebbe intonato i nostalgici canti di natale… Stille Nacht, heilige nacht.
Pippo Salonia
Bellissimo racconto che ha le sue radici in una realtà storica tragica, quale la seconda guerra mondiale. “Guerra assurda e dannosa” che “aveva travolto milioni di uomini, donne e bambini, combattenti e non combattenti”. Guerra che aveva seminato ovunque disastri e macerie, guerra che aveva ” portato via’ anche la famiglia di Brigitte. Poi, però, la bella notizia, il ritorno del fratello. Si accende la luce della speranza, anche se a metà poiché Atan si porterà per tutta la vita le ferite della guerra. La vita, comunque, continua con i ricordi del passato felice, con la nostalgia dei Natali dell’infanzia, con la speranza di non essere più sola e, allo stesso tempo, di spendersi per i bambini orfani di guerra. Il racconto, scritto “di getto” si snoda con lo stile agile, vario ed elegante tipico di Marinella Tumino
Giuseppe Nativo
Un piccolo scorcio di vita ma gravido di intensa speranza per il presente e per il futuro. Una finestra aperta nell’animo di chi soffre e, molto probabilmente, patirà ancora le nefande coltri. Due dimensioni temporali quasi “graffiate” da parole tedesche che posseggono, forse, un sapore amaro, un blando odore natalizio e una triste gioia che stride in quel momento così difficile della vicenda narrata. Chissà quante Brigitte hanno vissuto quell’atmosfera narrata con estrema sensibilità dall’autrice. Verrebbe voglia di augurare loro “Stille Nacht, heilige nacht” (notte silenziosa, notte santa) con il sapore dolce delle parole che solo una mamma sa dare!
Giuseppe Nativo