Tra le centinaia serie tv proposte in streaming, consiglio di guardarne una canadese/statunitense a chi ha bisogno di un po’ d’aria fresca, di evasione, di positività in mezzo alle brutture di questo periodo storico, per calarsi di nuovo nella quotidianità con uno stato d’animo più leggero: CEDAR COVE, tratta dall’omonima serie di libri di Debbie Macomber.
Tre in tutto le stagioni prodotte con attori come Andy McDowell e Dylan Neil che sono i principali protagonisti della storia che si svolge nella fittizia ma incantevole Cedar Cove. “Cedar cove” è un pittoresco paesino affacciato sull’Oceano Pacifico insinuato in un angolo incantevole al confine tra Stati Uniti e Canada, immerso nella natura in prossimità di un lago, vicino alla grande città portuale Seattle che, nella serie televisiva, è raggiungibile attraverso un apposito battello. In questo luogo, in cui lo spettatore viene spesso portato a passeggio gustandone le bellezze e la calma, vi è un faro che è un simbolo storico cui tutta la comunità è particolarmente legata. A detta di alcuni esperti, pare che gli angoli di Cedar Cove mostrati nella fiction siano alcuni scorci della canadese Vancouver. Insomma, un angolo di paradiso in cui si svolgono le vicende della protagonista, la giudice Olivia Lockhart attorno a cui ruotano quelle di una comunità sempre pronta a darsi una mano specie nei momenti di bisogno. Tante vite si evolvono, si intrecciano, si rafforzano insieme. C’è molta sofferenza, dolore, amarezza, incomprensioni, eppure la comunità c’è sempre, diventa mezzo per superare i momenti bui, per trasformare la sofferenza in positività. Cedar Cove mette in mostra un ambiente confortevole, dove, appunto, i problemi si risolvono insieme e i protagonisti affrontano le loro vicissitudini sapendo di poter contare sui loro amici.
Ho gradito questa serie televisiva che mi è parsa leggera ma non superficiale, scorrevole, avvincente e intensa nella descrizione di stati d’animo ed emozioni anche perché condita da un pizzico di mistero che insaporisce la visione. I cambi di scena sono frequenti e i personaggi parecchi, tutti con storie da raccontare. Tra questi, oltre a quella della giudice, spicca l’amica fedele, Grace, bibliotecaria e organizzatrice di eventi, anche lei una donna di grande spessore; poi, la figura affascinante e coinvolgente di Jack Griffith, il nuovo direttore del giornale cittadino, “Chronicle”, arrivato da Filadelfia e con un passato da alcolista o, ancora, quella del nuovo attraente procuratore Paul Watson che compare solo nella terza e ultima stagione. C’è pure il cattivo di turno, un imprenditore che si occupa di malaffare e intrighi, Warren Saget. La caratteristica coralità porta poi a intrecciare diverse storie d’amore, amicizia, rapporti familiari, il tutto in un ambito di normalità: nessun super fusto o superdonna, ma tanta quotidianità, benché insaporita da una dose extra di buoni sentimenti. Riflettendo, forse la vera protagonista è proprio Cedar Cove, con i suoi legami, il tessuto sociale, la varietà delle persone che la vivono. Una serie in cui, insomma, ognuno di noi può, in un certo qual modo, riconoscersi. Lo spettatore non può che soffrire e gioire di fronte alle varie dinamiche comunitarie ed essere spettatore del trionfo dell’altruismo e della positività, diventarne parte, magari solo per il tempo della visione, trarne una dose di speranza da immagazzinare per disporne quando si è alle prese con le proprie sofferenze, per affrontare le proprie amarezze. Dunque, una fiction, allietata da delicate musiche di sottofondo, densa di sentimenti, a tratti commovente e con un’ambientazione da mozzare il fiato ma, seppur coinvolgente e intensa, non ha incuriosito il pubblico a tal punto da ottenere una quarta stagione. Cedar Cove si conclude, infatti e con mio grande rammarico, lasciando aperte diverse questioni, che vedono i protagonisti alle prese con nuove decisioni.
Una serie da guardare con le corde della vita, da sfiorare con la mente e assaporare con l’anima…