“Ai piani bassi”: dopo la lettura, ecco la recensione.

Ai piani bassi di Margaret Powell (Einaudi, 2012 e 2022) è un libro scorrevole, interessante, davvero evocativo ed esplicativo del mondo aristocratico inglese di inizio Novecento. E’ un documento unico, diventato subito un caso editoriale. Ed è proprio da questo testo che i creatori della famosissima e amatissima serie tv Downton Abbey si sono ispirati per ricreare l’atmosfera di quei tempi.

Il racconto è fatto in prima persona dalla stessa autrice che narra la sua personale esperienza come cuoca a servizio delle famiglie aristocratiche inglesi negli anni Trenta del ‘900, dei loro sfolgoranti salotti, dei domestici che lavorano a servizio, dei pettegolezzi. Si tratta di vere e proprie memorie della donna che ci racconta il mondo di “noi” (relegati ai piani bassi, bui e con poca aria) e  di “loro” (allocati ai piani alti, luminosi e aerati delle loro dimore). Il racconto inizia con la descrizione di un’infanzia povera, una giovinezza caratterizzata da faticoso lavoro fino a un’età adulta di riscatto attraverso lo studio e la cultura. La vita della narratrice si sofferma in particolar modo ai suoi impieghi presso le grandi case aristocratiche che avevano la servitù. E, poi, che cibi, che pizzi, che tovaglie, che suppellettili!

 Il tono è piuttosto pacato, quotidiano, talvolta ironico, e riporta all’epoca fatta di sfarzo, opulenza ed esagerazioni nella vita dei ricchi e di freddo e poco cibo nella vita della povera gente. E il cibo, abbondante o mancante, è senz’altro la costante del libro.

Un mondo nettamente diviso in due, Ai piani bassi è il resoconto puntuale delle vicissitudini di Margaret Langley Powell che inizia la sua carriera di donna di servizio, come sguattera, dai gradini più bassi. E’ proprio dai gradini che inizia la faticosissima giornata della serva, costretta a pulire le scale davanti al portone d’ingresso della dimora dei suoi padroni con la pomice, col sedere all’insù, costretta a sopportare anche gli apprezzamenti poco cortesi degli uomini di passaggio. Si occupa poi, di lucidare a dovere il pomello della porta, di fare le pulizie accurate della cucina e di preparare la colazione per la servitù. Dopodiché la sguattera rimane a completa disposizione della cuoca.

La quantità e la qualità delle materie prime che passano per le cucine è sorprendente. Ogni ricetta, ogni piatto, richiede preparazioni impegnative e cotture lunghe: brasati, arrosti o carne caramellata, ma pure zuppe di pomodoro o di funghi avevano tempi di preparazione abbastanza complessi. E poi una rassegna di aringhe, salmoni, capponi, selvaggina che si lasciava frollare per settimane. Intingoli grassi, dessert dolci o salati che andavano serviti dopo le infinite portate.

Le vicende sono raccontate senza cattiveria, ma con un pizzico di amarezza, infatti ci si accorge che i “noi” (le persone dei piani bassi, dove si trovavano le cucine, le dispense, le ghiacciaie e il salottino della servitù) sono molte volte vessati , quasi sempre sottopagati, trattati come persone invisibili dagli occupanti i piani alti che, non di rado, sono protagonisti di meschinità e intrighi, relazioni extraconiugali, comportamenti eticamente scorretti anche e soprattutto nei confronti della loro stessa servitù.

“Abbiamo avuto momenti felici, comunque, ed ero contenta di esser viva. Il servizio domestico fa capire tante cose e forse ispira a crearsi una vita migliore”.

Consigliato!

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