Oriana e Alekos: un amore senza tempo
Oriana Fallaci, definita la donna d’acciaio scriveva con una penna di burro e miele del suo “uomo” che per lei non è stato solo amante, ma soprattutto l’amore. Le parole di Oriana sono parole gentili, di una dolcezza singolare. Quando chiedevano a lei, sua compagna di vita, che uomo fosse davvero Panagulis, Oriana rispondeva che lui non un eroe, non un politico, o meglio, non solo questo. «Mi sembra di limitarlo – diceva – Alekos era soprattutto un poeta, un artista. Il suo eroismo era la conseguenza della sua poesia e la sua politica era la traduzione della sua arte». Panagulis Alekos le dedicò una poesia, “Viaggio”, la sua preferita, non perché parlasse d’amore, ma perché parlava di sé: se il viaggio rappresenta la vita, la nave è l’uomo che la vive, una nave senza rotta, che insegue un sogno, un ideale. Alekos fu una nave che non getta l’ancora, un Ulisse che non aveva una Penelope da cui tornare, ma un’Oriana con cui viaggiare.
VIAGGIO
Alla mia amata Oriana Fallaci
Viaggio per inesplorate acque su una nave
che, come milioni di altre simili, peregrina
per oceani e mari
su rotte regolari
E altre ancora
(molte, davvero molte anche queste)
gettano l’ancora nei porti.
Per anni ho caricato questa nave
Con tutto quello che mi davano
e che prendevo con enorme gioia
E poi
(lo ricordo come fosse oggi)
la dipingevo a tinte sgargianti
e stavo attento
che non si macchiasse in nessun punto
La volevo bella per il mio viaggio
E dopo avere atteso tanto -proprio tanto
Giunse alla fine il momento di salpare
E salpai…
(Nave io e capitano
ed equipaggio per trovarti
fammi a pezzi
ma non farmi sanguinare il corpo)
Quando mi trovai in mare aperto
onde immense mi travolsero
e mi straziarono per rivelarmi
amare verità che ignoravo
Verità che dovevo imparare
Nell’abbraccio dell’oceano
con un lungo furente fragore
la solitudine
divenne per me faro del pensiero
indicando strade nuove
Il tempo passava e io
iniziavo a tracciare la rotta
ma non come mi avevano insegnato al porto
(anche se la mia nave mi sembrava diversa allora)
Così il mio viaggio
ora lo vedevo diverso
senza più pensare a porti e commerci
Il carico mi appariva ormai superfluo
Ma continuavo a viaggiare
conoscendo il valore della nave
conoscendo il valore della merce
E continuo ancora il viaggio
che scricchiolino incessantemente le giunzioni
sperando che non si spezzino
perché sono legni marci da anni
(secoli dovrei dire)
verniciati di recente ma senza
una forza nuova che li tenga uniti
la rotta sempre contro il tempo
nella stiva solo zavorra
Zavorra che mi dissero
merce preziosa, come quella
che di solito si compra nei porti
Ma se dicessi che mi hanno ingannato
non sarei onesto
osservo la bussola
senza sosta
con accanto la mappa
su cui studio la rotta
lontano dai porti che segnalano il passaggio
Quando poi succede che splendano
(che istanti difficili!)
all’orizzonte i porti della terra
l’equipaggio guarda le luci
(luci sirene
che promettono molto
che anche il cuore e la carne pretendono)
sempre aspettando che dica
al timoniere di far virare la nave
E attraccare almeno un poco
Mentre l’ora trascorre e io
osservo silenzioso la carta
tutt’intorno cresce il tumulto
Proposte subdole
vestite con idee
idee vendute che vogliono sempre
aornare l’inazione con le parole
e minacce
che vogliono passare per consigli
e promesse
che tentano la bestia e la risvegliano…
Quelle sono ore difficili
Perché da ognuna di loro
Dipende l’intero viaggio
E continuo ancora il viaggio
Desideri radicati nell’anima
sono diventati bussola per la mia nave
la mia mappa
altrettanto misteriosa
Ci sono ore in cui credo
che sia stata fatta
per chi non voglia approdare in nessun porto
e altre ore in cui confido
che il viaggio avvenga perché
su questa carta bisogna trovare
qualche cosa che manca
Così vado alla ricerca
guardando la mappa la bussola il cielo
in cielo, rintracciare segnali
nuove prove che dimostrino
che la bussola non sbaglia nel segnare
Non stupirti, questo non significa
che io abbia dei dubbi sulla mia bussola
E’ solo un’abitudine- una vecchia abitudine
che per secoli accompagnava l’anima
questa compagna
preziosa per i tempi bui
quando c’erano soltanto i semi nell’anima
degli amori che ora sono fioriti
E vado alla ricerca
Guardando la mappa la bussola il cielo
Le onde immense sembra che cerchino
di fare il gioco di chi vuole
che attracchi da qualche parte per un po’
E’ ognuna
di quelle onde un Golgota
e pensa
che la tempesta imperversa ininterrotta
Ma mentre aumenta
temo sempre più
che la spaventosa furia del mare
mi conduca ad avvistare
porti là sulla costa
porti che la mia mappa non indica
Sono ostacoli e momenti difficili
l’abbiamo detto
l’equipaggio comincerà a ribollire
quando quei porti appariranno sulla costa
E continuo il viaggio
alla ricerca ancora
pur sapendo di essere
nell’infinito del tempo un istante
nell’abisso dello spazio un puntino
E continuo il viaggio
anche se sono tenebra
e tutto attorno a me è tenebra
e la tempesta lo rende più spaventoso
E continuo il viaggio
e mi basta
che io tenebra
abbia amato la luce
Recensione di Gianni Iurato a L’URLO DEL DANUBIO
*** L’URLO DEL DANUBIO ***
(Viaggio dell’anima sui binari della memoria)
È il nuovo libro di Marinella Tumino la quale immagina di viaggiare su un treno per ripercorrere i così detti “Luoghi della Memoria” dove l’uomo durante la Seconda Guerra Mondiale diede il peggio di se!
In effetti Lei questo viaggio l’ha fatto veramente qualche anno addietro con i suoi alunni ma…… oggi ripercorre quello stesso viaggio nell’intimo della sua Anima per mantenere vive le emozioni, le lacrime che quella esperienza ha segnato nel profondo.
Marinella in realtà non “viaggia su un treno immaginario” …… ma percorre kilometri di binari con ai piedi un paio di zoccoli di legno, simili a quelli indossati dai Deportati nei Campi di Sterminio; trascina a fatica il suo corpo in quella ghiaia che si bagnò di sangue…. in quelle baracche che ospitarono pianti….. in quei forni che violentarono l’aria ed il respiro con “l’odore” della carne…..!
Marinella più trascina i suoi i zoccoli di legno e più quel rumore monotono ma cadenzato le risveglia l’anima….. e con essa i ricordi…. e con i ricordi le lacrime.
In effetti l’autrice da quei posti, da quel viaggio non è mai ritornata….. !
La lettura de L’urlo del Danubio ti regalerà:
* “malinconia senza tempo”
* “lacrime intrise di angoscia”
* “Sibilo nelle stanze del cuore”.
Leggendo il libro farai esperienza diretta di quello che per anni hai tentato di immaginare attraverso la TV.
In fondo il libro è quel treno che non abbiamo mai preso , è quel paio di zoccoli che non abbiamo mai indossato…… nell’attesa del nostro pellegrinaggio in quei luoghi dove il Danubio ha Urlato …. inascoltato.
Brava Marinella.
Complimenti.
Gianni Iurato
Foto copyright Gianni Iurato
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Da OPERAINCERTAEDITORE:
Le recensioni positive al libro di Marinella Tumino, “L’urlo del Danubio”, continuano e oggi sul quotidiano LA SICILIA leggiamo quella scritta dal giornalista Giuseppe Nativo. Il libro è acquistabile on line e dopo la lettura attendiamo anche la vostra testimonianza. Scattate una foto con il libro appena letto e scrivete le vostre emozioni, inviatele qui. Sarà meraviglioso condividerle!
Nuova recensione a L’URLO DEL DANUBIO
Alcune settimane fa ho assistito, con piacere e con molto interesse, alla presentazione dell’ultima fatica letteraria della cara amica Marinella Tumino. Personalità poliedrica e sensibile, scrittrice iblea e prof, Marinella Tumino parla e sta insieme ai suoi studenti come se fosse la loro mamma. Il suo compito, oltre che formativo, è anche quello di guidare i suoi ragazzi al fine di creare tutti i presupposti perché essi possano diventare adulti consapevoli, responsabili e attivi nella società civile. L’esperienza sia in campo educativo sia in quello letterario ha portato Marinella Tumino al raggiungimento di meritati risultati. Noi lettori siamo adesso chiamati a dare un ulteriore impulso al suo impegno. E’ per questo motivo che, nel mio piccolo, ho contributo a diffondere la tematica da lei affrontata pubblicando una mia modesta recensione oggi pubblicata sulle pagine culturali regionali del quotidiano “La Sicilia” (ven. 02.03.2018, p.16).
Giuseppe Nativo
UNA SCRITTURA AL FEMMINILE
Essere femminista per Virginia Wolf non significa solo impegno militante a favore delle donne tramite conferenze e lezioni, ma anche e soprattutto la ricerca di una scrittura e di uno stile “femminili”.
Adeline Virginia Wolf nasce a Londra il 25 gennaio 1882 da un noto storico e critico e da una donna bellissima, tutta dedita alla famiglia.
Ben presto, Virginia si rende conto che l’ingegno delle donne conta ben poco nella società, infatti a quel tempo, le ragazze non erano ammesse all’Università, né tanto meno potevano partecipare alle carriere pubbliche.
Nel 1904 nella vita della scrittrice avviene un profondo cambiamento: il trasloco del fratello dalla casa paterna rappresenta una vera e propria rottura col mondo del padre e con l’autoritarismo e la conquista di una propria autonomia. Così, Virginia organizza con il fratello e gli amici dell’Università i cosiddetti “giovedì sera di Bloomsbury” in cui si discute di arte e letteratura. A questi incontri partecipano pure critici letterari, filosofi, pittori, scrittori.
Contro la figura del “patriarca conformista” essi propongono quella di un individuo colto, sensibile, sincero e soprattutto libero da ogni forma di pregiudizio e ipocrisia.
In questo fervore intellettuale, Virginia, che è già molto attiva in qualità di critico letterario, comincia a realizzare il suo primo romanzo, “ La Crociera ” (“The voyage out”).
La condizione femminile è oggetto di lezioni e conferenze svolte per associazioni femministe e gli elementi caratterizzanti sono presenti in due saggi della scrittrice: “Una stanza tutta per sé”(1929) e “Le tre ghinee” (1938). Il primo è un testo sul rapporto tra donne e narrativa e qui viene tracciata una sorta di percorso su tutti i divieti che le donne hanno dovuto subire in famiglia, nel mondo del lavoro, nella società in genere; divieti che non hanno loro permesso di accedere alla cultura, alla carriera letteraria, alle professioni.
Per la Woolf , la mente femminile è fertile, è ricca di intuizione e di immaginazione, diversamente dell’uomo che procede con la sua arida razionalità.
L’emancipazione femminile è, invece, il tema affrontato nel secondo saggio.
La sensibilità e l’intelligenza femminili sono diverse da quelle maschili.
La donna è in grado di cogliere la verità non della ragione, tipica del modo di essere maschile, quanto quella dell’immaginazione che è specifica della sfera femminile. Rispetto all’uomo, la donna è in grado di cogliere la semplicità delle cose e ciò consente di avere una visione più profonda ed immediata del senso della vita. E qui il messaggio è: non bisogna imitare gli uomini, ma rimanere se stesse”.
“ E’ vero ancor oggi, però, che prima che una donna possa scrivere esattamente come intende scrivere, deve affrontare molte difficoltà…….
Dunque, se è lecito fare profezie, le donne in tempi a venire scriveranno meno romanzi, ma romanzi più belli; e non romanzi soltanto, bensì poesia e critica e storia. Ma certo stiamo guardando lontano, a quell’età dell’oro, quell’età forse mitica, in cui le donne avranno quello che tanto a lungo è stato loro negato: tempo e denaro, e una stanza tutta per sé.”
V.Woolf. Le donne e la scrittura , trad. di A. Bottini, La Tartaruga
Marinella Tumino
Il campo di concentramento, una scuola di santità di Giovanni Paolo II
Karol Józef Wojtyła nacque a Wadowice in Polonia, nel maggio del 1920, ed è morto nella Città del Vaticano il 2 aprile 2005. Conosciuto con il nome di Giovanni Paolo II è stato il 264° papa della Chiesa cattolica. Eletto al soglio pontificio il 16 ottobre 1978, Papa Wojtyla è stato il primo pontefice non italiano dopo 455 anni ed è stato, inoltre, il primo pontefice polacco, e slavo in genere, della storia . Fu arcivescovo di Cracovia e anche di Auschwitz ma si può dire che lui concepiva il suo sacerdozio come la soluzione a tutto ciò che era accaduto durante la seconda guerra mondiale, alle spropositate sofferenze che altri avevano vissuto anche al posto suo. È proprio durante la guerra che Karol decide di abbracciare il sacerdozio ed entra in seminario. Per lui quella di Auschwitz non era una tragedia irreale, piuttosto,era parte della sua vita in quanto, fin dall’infanzia, aveva diversi amici ebrei.
Padre Manfred Deselaers, responsabile del programma del “Centro di dialogo e preghiera” di Oświęcim (Auschwitz), fondato nel 1992, nei pressi del campo di concentramento di Auschwitz – Birkenau per volere del cardinale Franciszek Macharski, d’accordo con i vescovi di tutta Europa e i rappresentanti delle associazioni ebraiche, dice con convinzione: “Auschwitz è stata la scuola di santità di Giovanni Paolo II: sono convinto che Wojtyla abbia capito in questo luogo la verità sull’uomo perché le domande che ognuno si pone qui sono quelle fondamentali, sul senso globale della vita” e aggiunge : “In Polonia c’è la profonda convinzione che il sangue dei morti parli: bisogna mettersi in ascolto della voce della terra di Auschwitz e avere il tempo per riflettere sulla domanda “cosa significa tutto questo per me?”. E la risposta è diversa “se si è polacchi o italiani, ebrei o cattolici o sacerdoti e tedeschi come me”. “Il reciproco rispetto per le diverse sensibilità è la prima risposta al campo di concentramento dove c’era l’assoluta negazione dell’altro”. Innumerevoli scolaresche passano attraverso i cancelli di ingresso di Auschwitz, quelli noti per la scritta in ferro segnata in maniera incancellabile nella memoria collettiva “Arbeit macht frei (il lavoro rende liberi)”.Da lì si addentrano nei viali tra i blocchi di mattoni rossi, in silenzio; molti sono colpiti emotivamente e con gli occhi rossi, davanti alle memorie di oltre un milione e mezzo di uomini, donne e bambini che qui crudelmente hanno perso la vita. Birkenau mette in evidenza la sistematicità della volontà di sterminio, rappresentata da serie ordinate di baracche, doppie linee di filo spinato a separare i fossati scavati dagli stessi prigionieri. Solo i forni crematori sono crollati uno sull’altro come un castello di carte perché fatti saltare in aria dai nazisti prima di abbandonare il campo nel tentativo di nascondere i propri crimini .Tutto questo fa ricordare un orrore che la mente umana fatica ad accettare. Come hanno potuto delle persone fare questo a dei propri simili? “Molti chiedono – espone Deselaers -: dov’era Dio?” che è “lo stesso interrogativo che poneva il premio Nobel per la pace Elie Wiesel quando dichiarava: “Prima che Dio mi chieda ‘dove sei stato?’, io chiedo a lui ‘dove sei stato tu quando qui venivano ammazzati mio fratello, mia sorella, la mia nazione?”. Sempre secondo Padre Manfred, “lo strenuo impegno di Karol a favore della dignità e dei diritti dell’uomo, la ricerca del dialogo tra cristiani ed ebrei, l’incontro di Assisi tra i responsabili delle religioni perché tutti cooperassero per la civiltà dell’amore, le radici della sua tensione per l’unità del genere umano: tutto nasce dall’esperienza di Auschwitz”. “Nel 1965, quando Woijtila era giovane vescovo , andò ad Oświęcim per la festa di Ognissanti. Nell’omelia spiegò le motivazioni secondo le quali era possibile guardare a questo luogo con gli occhi della fede. Difatti disse: “Se Auschwitz è il luogo che ci fa vedere fino a che punto l’uomo può essere o diventare cattivo, tuttavia non si può rimanere schiacciati da questa terribile impressione e bisogna guardare ai segni della fede, come Massimiliano Kolbe”. È lui che ci ha mostrato come “Auschwitz metti in evidenza anche tutta la grandezza dell’uomo, tutto ciò che l’uomo può essere, vincendo la morte in nome dell’amore così come ha fatto Cristo”, quando venne qui da Papa per la prima volta, asserì che la vittoria dell’amore sulla cattiveria e sull’odio non appartengono solo ai credenti e che ogni vittoria dell’umanità su un sistema anti-umano deve essere un segnale per noi”. Sicuramente Wojtyla ha voluto dire che se l’Europa vuole svolgere un ruolo di rilevante importanza nell’era moderna non può certo scordare Auschwitz. Auschwitz è stata la scuola che ha foggiato la santità di Giovanni Paolo II, quella prontamente riconosciuta dalla gente: “Perché qui – conclude Deselaers – Wojtyla ha compreso fino in fondo cosa significa la fede per l’uomo d’oggi. La gente di tutto il mondo lo comprendeva perché lui comprendeva loro”.
Marinella Tumino