Mi piace andare controcorrente…
Mi piace andare controcorrente,
in direzione ostinata e contraria
Ho tolto la benda dagli occhi e dal cuore per vedere bene tutta la gente che incontro.
Perché sono stanca della gente che farebbe carte false pur di stare sempre in pole position
o che sgomita per far posto a se stesso.
Gente che non sa regalare neanche sorrisi, insipiente e indifferente alla vita.
Gente dal cuore vuoto, dalla bocca piena di cattiveria, che vomita insensibilità e che è destinata a sfiorire.
Ho bisogno di gente che sorrida, che regali abbracci e carezze anche solo con le parole.
Gente che perdoni gli errori altrui e che possa colorare il mondo solo con la sua essenza.
È questa la gente di cui voglio continuare a circondarmi perché scaldi le mie giornate, renda più creativa la mia mente, guardi al mondo con grande attenzione.
Bastano piccole cose, piccoli gesti ma di quelli veri, sinceri, onesti per investire in positività e far parte di quella gente che amo e che profuma di vera bellezza♡
Marinella Tumino@
L’AMORE AI TEMPI DELL’ALLOGGIO SEGRETO
Chiusa tra quattro mura, con l’occhio di adolescente, la giovane Anne Frank osservava da vicino, come se usasse un apposito microscopio, il mondo attorno a sé e ne scrutava i dettagli, ne esaminava gli effetti, ne prevedeva, talvolta, le conseguenze, immaginando un futuro colorato di rosa.
Nonostante vivesse rinchiusa in un angolo di mondo piuttosto acuto in cui gli altri compagni di prigionia si sentivano vittime, lei continuava a sentirsi una creatura che danzava libera in armonia con i battiti del suo io interiore. A occhi chiusi continuava a vagare tra le nuvole vaporose, nel cielo incerto di una Amsterdam assediata dal Male. E mentre vagabondava in quel mondo fiabesco, sognava la liberazione.
Passavano i mesi e Anne cresceva, maturava, percepiva quasi silente, i cambiamenti del suo corpo, si stupiva della metamorfosi che si stava compiendo fuori e dentro di lei.
A tratti la nostalgia di un’infanzia felice e spensierata faceva capolino, la pervadeva e il suo umore mutava.
Più cresceva più era infastidita dal mondo degli adulti che navigava spesso nelle acque della meschinità, dei litigi e delle bugie e, seppur amasse teneramente il suo babbo che amava chiamare Pim, cominciò a essere intollerante anche nei suoi confronti. Quello che provò però per la madre fu spesso odio, animosità di cui sono dense le pagine del diario e nelle quali condannava duramente i suoi rimproveri, le sue ramanzine che la facevano rinchiudere in una forma di solitudine.
Fortuna che c’erano i sogni a consolarla!
E soavemente ovattata da un mondo vellutato, fatto di desideri e aspirazioni, ecco che Anna ha incontrato guancia a guancia il giovane coinquilino Peter col quale ha condiviso due anni di segregazione.
Dubbi, incertezze, paure, tipici dell’adolescenza, affollavano la mente della ragazza che non riusciva a capire fino in fondo i sentimenti del ragazzo e, cosa ancora più grave, quelli che lei nutriva per lui. Anne viveva altalene di emozioni, ma audace e determinata, nonché deliziosamente sfrontata, un bel dì baciò il suo Peter. Fu il suo primo bacio d’amore, un bacio delicato, innocente, di quelli che però fanno vibrare le corde del cuore. E a quel bacio ne seguì un altro, un secondo, nel quale le sue labbra incontrarono quelle di lui. Fu l’ultimo eterno, indimenticabile bacio.
Ma proprio da quel bacio, Anne cambiò, cominciando a biasimare il giovane che, fino a pochissimo tempo prima, aveva amato a modo suo. Lo disprezzava perché era troppo insicuro, immaturo, mancava di autostima, non aveva obiettivi, non aveva fede. Così, Anne cadde di nuovo nella solitudine, nella paura di aver perso definitivamente la sua adolescenza, la sua spensieratezza, ma conservava il dono della scrittura che la faceva sentire “diversa, migliore”. La cosa migliore è poter scrivere i miei pensieri ed i miei sentimenti, altrimenti soffocherei completamente. (Anne Frank, 1944)
Esaltava la bellezza della Natura, del Creato. Era, pertanto, certa che Dio, il quale aveva fatto dono agli uomini di cotanta bellezza, desiderasse il loro bene e la loro felicità, dunque il Bene avrebbe trionfato su tutto.
Eppure il 4 agosto 1944, la polizia nazista fece irruzione in Prinsengracht 263 e tutti gli abitanti del nascondiglio vennero deportati, mentre gli occhi della giovane si volgevano speranzosi al cielo. Tuttavia, nel bene, che l’adolescente era certa esistesse, è sempre presente il rischio del male… Il 12 marzo 1945, nel campo di Bergen-Belsen, all’età di 15 anni, Anne morì di stenti e di tifo, portando con sé la gioia di vivere e la speranza di godere appieno della libertà e dell’Amore.
Marinella Tumino
Recensione del prof. Salonia Giuseppe a L’URLO DEL DANUBIO
Il libro di Marinella Tumino e’ uno scrigno di notizie e di informazioni, frutto di un lavoro di ricerca e di consultazione di documenti, di scritti, di libri, ma anche frutto di viaggi appositamente programmati e di visite effettuate insieme ai suoi alunni. E non mancano le interviste a persone che hanno avuto la fortuna di sopravvivere e che oggi ad una venerabile età sono in grado di dare testimonianza. ” L’urlo del Danubio” va letto con attenzione. Potrebbe anche definirsi una “guida turistica”, una guida, certo, molto soft. Così Monaco di Baviera viene descritta nei suoi monumenti e nei suoi luoghi suggestivi con il centro storico, la piazza centrale, la cattedrale di Nostra Signora. Trieste con le sue viuzze, gli angoli nascosti, i sontuosi palazzi, Piazza Unità d’Italia. Cracovia con la Piazza del Mercato, la chiesa romanica di sant’Andrea…Ma da questi piacevoli luoghi si passa quasi senza accorgersene ai ghetti, ai campi di prigionia e di concentramento, ai campi di sterminio. E la descrizione diventa un tutt’uno con la riflessione, con il senso di angoscia, di tristezza e di orrore che nasce nell’animo della scrittrice e che poi passa inevitabilmente nel lettore. Il libro è poi un testo di consultazione, un testo necessario per chi intende fare ulteriori ricerche. Ci si chiede:”Quando e dove ebbe inizio ” L’orrore”? Ecco la risposta: Il 22 marzo del 1933 a Dachau che si trova a pochi chilometri da Monaco ed è facilmente raggiungibile in metropolitana. Vi fu realizzato il primo campo di concentramento in cui vennero raccolti comunisti, prigionieri politici, russi, ebrei, testimoni di Geova, omosessuali, zingari…Chi andando ad Amsterdam si chiedesse dove poter trovare ” l’alloggio segreto” di Anna Frank avrà la risposta nel secondo capitolo: Prinsengracht n.263. E ancora…Quale fu il ruolo di Kappler nella città di Roma? E’ possibile, visitando Ferrara, imbattersi nei Giardini dei Finzi Contini? Il libro, insomma, suscita interesse presso gli studenti e presso i docenti, presso gli anziani e presso i giovani ai quali è rivolto in particolare il messaggio: Prendere coscienza della follia di determinati uomini in un determinato momento storico, e avere ancora speranza nella bontà del genere umano. Non ci troviamo davanti ad un romanzo, ma, per la materia che tratta, il libro, oltre che interessante, e’ avvincente e ogni capitolo o ” Binario” si legge tutto d’un fiato. Questo anche per la forma, per l’espressione che e’ preziosa nell’informazione, ma non pedante. E lo stile e’ semplice, ma non semplicistico e scaturisce dalla sua ricchezza e dalla sua cultura; ogni verbo, ogni aggettivo, ogni sostantivo esce con facilità dalla “penna” della scrittrice, ma è stato studiato e selezionato inconsapevolmente nel suo pensiero e nel suo animo. ” L’urlo del Danubio” non deve, pertanto, mancare nelle piccole librerie di casa nostra, non deve mancare nelle Biblioteche degli Istituti Scolastici, e dovrebbe trovare posto anche nelle Biblioteche Civiche. – Leggere, scrivere, elaborare progetti, fare cultura deve essere obiettivo dei giovani per combattere la follia e la violenza. “Scrivere per non dimenticare…non smettere di parlarne…costruiamo un futuro che abbia funzione depositaria di valori”, come scrive Marinella Tumino nel Commiato.
L’urlo del Danubio…
“Vivevano giorno e notte in preda alla paura. Non ansia dei rapporti sessuali cui erano state destinate, ma tremendo terrore di restare vittime di malattie inguaribili e per questo Auschwitz rappresentava il campo della morte…”
Dal racconto “Noi donne di Ravensbruck” in L”URLO DEL DANUBIO” di Marinella Tumino, Operaincerta Editore, 2018
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